«Sembra di parlare a un muro? Sembra che un muro parli. Riprendere Urge, girarlo, schermirlo, è l’altra versione della vastità e del suo voto. Una rincorsa». Alessandro Bergonzoni racconta così, con il consueto linguaggio poetico e fulminante, le ragioni che lo hanno portato a presentare sul grande schermo il film tratto dal suo spettacolo «Urge».

URGE

Perchè, dopo tre anni di rappresentazioni e 280 repliche, farne anche un film? L’idea è di Riccardo Rodolfi, da oltre trent’anni è al fianco dell’artista bolognese, che per la prima volta firma da solo la regia. «Perché si tratta di una visione magnificata dello spettacolo e anche chi lo ha già visto, lo riscoprirà, come la prima volta. È un’opera che non si limita a tradurre in video il monologo, ma lo amplifica grazie a un uso attento degli strumenti del cinema messi al servizio del linguaggio drammaturgico. In particolare abbiamo lavorato su quell’universo che è il viso di Sandro».

Il film nasce da una ripresa in alta definizione da cinque cineprese piazzate in altrettanti punti e rimontata attraverso un attento lavoro di regia. Ne è nata un’opera inedita nel percorso artistico di Bergonzoni: «Abbiamo «girato uno spettacolo, senza capovolgerlo – osserva l’artista – Ma niente è per caso. È un po’ che il cinema mi scalpita addosso. Fino ad ora le mie partecipazioni sul grande schermo sono state più effimere».