LA MANO INVISIBLE

 USCITA IN SALA → 23 novembre 2017

Regia di David Macián

Con Anahí Beholi, Josean Bengoetxea, Eduardo Ferrés, Elisabet Gelabert, Christen Joulin

Drammatico, SPAGNA 2016, 80 minuti

In un capannone industriale, 11 persone vengono contrattate per fare il proprio lavoro davanti a un pubblico che non vedono. Sono un muratore, un macellaio, una sarta, un cameriere, un meccanico, un informatico, una donna delle pulizie… Opera d’arte, reality show, macabro esperimento?

Un gruppo di lavoratori dalle diverse competenze – un muratore, un macellaio, un magazziniere, una telefonista, un informatico, un meccanico – viene convocato e selezionato da una misteriosa azienda per partecipare a un esperimento di natura sociologica: un reality tv girato all’interno di un capannone, nel quale ciascuno di loro dovrà semplicemente svolgere il proprio lavoro. Il tutto di fronte a un pubblico di spettatori che potrà intervenire commentando, fischiando e applaudendo i «preferiti». Il progetto, partito sull’onda dell’entusiasmo dei partecipanti, presto comincia a mostrare un lato oscuro: per chi stanno lavorando davvero i «concorrenti»? Fino a che punto sono disposti a tollerare le condizioni di lavoro imposte dai «padroni»? E soprattutto: quelle condizioni di lavoro sono davvero uguali per chiunque, o c’è chi può considerarsi privilegiato?

La mano invisibile, in economia, è una metafora. Un concetto astratto che serve a spiegare quel meccanismo per cui, nonostante i singoli imprenditori tendano a inseguire il proprio interesse, il loro comportamento finisce col produrre benessere diffuso in tutta la società. Ma è davvero così?

Secondo il regista 36enne David Macián – e secondo Isaac Rosa, che è l’autore del saggio cui il film si ispira – la risposta è un secco no. Il lavoro è una coperta troppo corta per coprire tutti, è una giungla in cui il forte opprime il debole, il debole opprime il più debole, e il debolissimo, se gli si offre l’occasione di risalire lungo la scala, diventa il più terribile degli oppressori. La mano invisibile è una forza animalesca, è istinto di sopravvivenza attraverso la sopraffazione, è una spinta disgregante, centrifuga, fatale.

Resisterle comporta sacrificio: rischiare il proprio posto di lavoro per aderire a uno sciopero, schierarsi dalla parte dei colleghi in difficoltà, rinunciare ai propri privilegi. Più che un film, Macián mette in scena una crudele satira a orologeria sulla progressiva perdita di identità dei lavoratori, sulla svalutazione del «fare», sulla dissoluzione di qualsiasi idea di collettività. E lo fa, coerentemente, istituendo sul set un metodo di lavoro da collettivo, raccogliendo contributi e improvvisazioni degli attori in una cornice volutamente povera, essenziale, teatrale. «Il Dogville del lavoro», lo hanno definito i critici spagnoli. Di sicuro non gli manca la crudeltà.

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